Internet e politica

Ripubblico qui una bozza dello scorso anno per un articolo sui rapporti tra "nuovi media" e attivismo politico.
Richiede sicuramente una revisione radicale ma credo che qualche spunto abbia un minimo di senso e forse, chissà, di originalità. Per ora mi accontento.


Non è certo nuova l'idea che le reti informatiche possano essere impiegate come strumento politico di democrazia diretta ma nell'ultimo decennio (in particolare negli ultimi 5-6 anni) abbiamo assistito ad una significativa migrazione verso internet di ampia parte del confronto politico.
Non solo e non tanto in riferimento alla politica di professione quanto alla base politica ed elettorale che precedentemente trovava collocazione in ambiti eterogenei: circoli culturali e sociali, sedi di  movimenti, di partiti e sindacati, centri sociali e associazioni; senza dimenticare i luoghi più spontanei del dibattito politico ossia gli spazi sociali e lavorativi.
Blog, forum, usenet hanno lentamente ma concretamente eroso e sostituito queste tradizionali sedi di confronto, slegandole dal contesto sociale, professionale e geografico, e rendendole facilmente e comodamente accessibili agli utenti di internet.
Questo processo di delocalizzazione politica e "declassizzazione" era già attivo da decenni ma la maggior diffusione degli strumenti informatici ne ha causato una rapida accelerazione.
Ulteriore fattore che ha contribuito a intensificare la migrazione del dibattito è stato la continuativa e progressiva esacerbazione delle connotazioni e dell'orientamento politico dei media tradizionali (giornali, radio, editoria e, soprattutto, televisione), a seguito soprattutto dell'entrata esplicita in politica di esponenti del mondo dei media. Fattore che ha contribuito ad appianare le posizioni politiche (dei media e dei politici, che si sono adeguati ad un linguaggio "multimediale") e ad espellere i dissidenti (chiunque esprimesse posizioni non omogenee o radicali), spingendoli a cercare nuovi canali di comunicazione, più liberi e diretti.

Internet si è rivelata, per questi individui e gruppi esclusi dal principale (quantitativamente) flusso di comunicazione, lo strumento ideale: economico, difficile da controllare, interattivo, orizzontale, geograficamente illimitato.
Si sono quindi, in tempi e con risultati diversi, innestati in un fitto e frequentato ambiente informativo, sociale e culturale divenendone in qualche modo i rappresentanti o, più correttamente, i simboli all'interno dei media tradizionali dipingendosi come fautori e portatori di una forma di democrazia diretta e libera.

Ritengo fondamentale sollevare alcuni dubbi riguardo questa presunta forma di rappresentanza diretta, in particolare per comprendere se abbia contribuito almeno in parte a ripristinare la libertà di espressione politica e, in ultima istanza, se stia effettivamente rendendo il dibattito politico più libero o se invece non si tratti solo di una diversa forma di controllo, manipolazione e incanalamento delle istanze civili, rendendoci di fatto meno liberi.
La forte contrapposizione tra sostenitori della "vecchia" politica e delle "nuove istanze" ha limitato la riflessione e il dibattito sull'effettiva natura della democrazia diretta: essendo i primi occupati a mantenere i privilegi acquisiti e i secondi a trovare visibilità e coerenza, è venuta a mancare una valutazione critica e oggettiva di quelli che sono i prerequisiti della democrazia reale e, conseguentemente, degli strumenti per concretizzarla.

Concentrandomi su questa analisi critica ritengo superfluo valutare i fattori positivi, considerando il valore di uno strumento più come risultato dei suoi limiti che non dei suoi pregi.
E' tautologico affermare che un nuovo mezzo di comunicazione a basso costo contribuisce ad aumentare le possibilità di comunicazione ma risulta invece fondamentale chiarire se questo basso costo non ne mascheri o nasconda altri. Possibilità e facilità di comunicazione (la cui presenza non è comunque scontata) non equivalgono automaticamente a libertà, qualità e autonomia della comunicazione.

Il mio obiettivo è dunque identificare e valutare alcuni fenomeni, potenzialmente negativi, causati dallo spostamento del dibattito politico (e sociale, essendo indissolubilmente legati) verso internet.
Per praticità li descrivo suddividendoli in fattori relativi all'individuo, alla società, all'aspetto tecnico e alla politica nel senso più stretto del termine.

Fattori individuali

1. La comunicazione su internet è basata sulla virtualità: l'individuo crea un "io virtuale" ovvero una nuova identità pubblica destinata all'uso sulla rete.
L'autonoma creazione di una nuova identità è evidentemente condizionata dalla volontà e necessità psicologica di amplificare i propri meriti e dimenticare, sottovalutare o nascondere i propri limiti o carenze. Necessità che conduce a una forte spersonalizzazione: il distacco tra l'"io reale" quotidianamente vissuto e l'"io virtuale" diviene nel tempo sempre più netto; nel tentativo di mantenere e confermare questa "identità irreale" la corrispondenza tra le due identità da parziale diviene fittizia e sempre più imprecisa.
La mancata conoscenza di chi siano i lettori, come valutino i contenuti e per quanto tempo le informazioni rimangano accessibili (spesso senza possibilità di rimuoverle) incentiva questo distacco: si parla sovra-esponendosi davanti ad un pubblico che non si può vedere e di cui non si può valutare il numero di componenti, risulta quindi fondamentale presentarsi in modo da preservare la propria immagine ideale.

2. La facilità, a differenza di quanto avviene nelle comuni relazioni sociali, di rimuovere gli interlocutori scomodi o anche solo scarsamente adeguati agli standard (resi volutamente e rigorosamente limitanti) della vita virtuale viene amplificata dalla necessità di ridurre l'eccesso di informazioni (contraddittorie) conducendo l'individuo a chiudersi in enclave autoreferenziali e spesso contraddistinte da intolleranza e acuto conservatorismo.
Se la rimozione dal contesto sociale di un individuo fastidioso non costa alcuna difficoltà si tenderà ad applicare questa prerogativa in modo continuativo e massivo, finendo per mantenere i rapporti solo con chi, appunto, non causa alcun fastidio. Ma nella vita reale questo fenomeno non di verifica mai: tutti, in diversa maniera, provocano qualche fastidio. Per ovviare a questa differenza i rapporti tendono a divenire più superficiali, evitando ogni allusione che possa risultare minimamente scomoda, ed a rivolgersi verso interlocutori "garantiti".

3. Il prossimo non è percepito come interlocutore paritario ma limitatamente alla sua utilità nel sostegno autoreferenziale all'"io virtuale": una personalità fittizia può identificare l'altro solo in modo altrettanto fittizio pena l'incapacità di mantenere la coerenza della propria identità.
Quando ciò avviene si possono verificare l'abbandono dell'ambiente virtuale, la creazione di un'ulteriore nuova identità oppure il fenomeno del "troll": utente della rete il cui unico scopo è scatenare litigi immotivati così da palesare la altrui vulnerabilità (quindi la falsità dell'identità virtuale) per rendere più tollerabile la propria.
Chiunque frequenti internet può verificare la diffusione di questo fenomeno e la inusitata mole di litigi e scontri personali.

4. I legami virtuali risultano tendenzialmente più facili da mantenere di quelli reali e ciò può condurre a forme di dipendenza ossia di prevalenza dell'io virtuale sull'io reale. L'individuo perde il ruolo di utilizzatore della macchina per diventarne un'appendice: senza di essa non può mantenere la sua collocazione sociale e le relazioni che la costituiscono.


Fattori sociali e culturali

1. Internet fornisce la libertà/sicurezza/facilità di potersi sconnettere, ossia allontanarsi completamente, istantaneamente e senza controindicazioni, in caso di problemi o difficoltà. Questo vale non solo relativamente a interlocutori sgraditi ma anche a comunità, gruppi o discussioni.
La mancanza o debolezza di legami concreti e l'enorme possibilità di trovarne o crearne di alternativi rende le relazioni sociali instabili, temporanee e fondamentalmente non meritevoli di investimenti personali profondi e continuativi.
Lo stesso si verifica per gli impegni verso obiettivi prefissati: non ci si dedica più ad una "causa" ma piuttosto a tante, piccole azioni che soddisfano esigenze temporanee.

2. L'utilizzo di una forma di comunicazione prevalentemente basata su testo scritto e solo parzialmente visuale rende trascurabile e ininfluente l'uso di sensi diversi dalla vista e delle componenti che partecipano alla comunicazione non verbale.
Questo fenomeno conduce a frequenti equivoci o litigi, esacerbando l'intolleranza verso l'estraneo, a priori percepito come potenziale "troll" o comunque come generico fattore di instabilità per il gruppo.
L'estraneo non è più solo colui che proviene da realtà differenti ma soprattutto chi non conosce il linguaggio e le abitudini del gruppo.

3. L'estrema facilità di trovare informazioni trasforma la cultura da risultato di un percorso di apprendimento ad una ricerca superficiale e destinata a rapido oblio. La cultura viene soppiantata dalla "googultura", la capacità di reperire informazioni in rete: tutta l'importanza e l'impegno vengono destinati al metodo ed alle competenze tecniche, devolvendo la memoria ai computer e relegando la conoscenza a strumento acritico di riassemblaggio di informazioni prodotte da terzi.

4. Non è banale riuscire a valutare le connessioni tra vita virtuale e reale: l'uso di identità diverse conduce a comportamenti diversi, non sempre conciliabili. La compartimentazione tra mondo virtuale e reale non è rigida come talvolta si crede: poca attenzione alla privacy e al mancato oblio delle informazioni spesso conduce a problemi e rivalse in ambito sociale e lavorativo.

5. L'eliminazione delle frontiere geografiche viene spesso dipinta come uno dei maggiori pregi della rete. Se questo può essere vero in termini astratti non va dimenticato che spesso sono le entità economicamente più influenti a trarne maggior vantaggio: il trasferimento di informazioni è regolamentato da leggi che concretizzano gli interventi lobbistici delle aziende piuttosto che gli interessi dei cittadini.

6. La perdita sul piano teorico del principio d'autorità è un aspetto favorevole ma, nel contesto, presenta due forti controindicazioni: si tende a soppiantare le precedenti autorità con altre nuove; risulta molto difficile valutare la fondatezza delle informazioni.
Abituati a decenni di propaganda verticale, gerarchica e autoritaria, gran parte degli utenti tende a cercare un (inesistente per definizione) centro della rete, solitamente facendo riferimento ad aree di dibattito piuttosto chiuse (per quanto la struttura ipertestuale tenda a compensare questo fenomeno).

7. A causa della forte sintesi richiesta da questo mezzo di comunicazione e, in parte, per la diffidenza verso le argomentazioni più astratte volutamente e malamente impiegate dai politici sui media tradizionali, l'orientamento generale verte sul concentrarsi su argomenti concreti, di piccola entità, piuttosto che su dibattiti di ampio respiro.


Fattori tecnici

1. La libertà di internet è fortemente condizionata dalla complessità degli strumenti necessari per accedervi: computer e reti sono realizzati e mantenuti tramite tecnologie avanzate, disponibili sono a entità forti economicamente. Le competenze per realizzare o perlomeno comprendere il funzionamento di programmi, sistemi operativi, hardware sono appannaggio di una parte molto ristretta degli utenti di internet e anche per costoro parti della rete sono inaccessibili e non verificabili.
Anche utilizzando sistemi liberi, ossia software di cui sia accessibile e modificabile il codice, la comunicazione necessita di hardware, su cui il controllo è molto meno facile, e di infrastrutture di comunicazione di proprietà di grossi gruppi economici.

2. Non tutti hanno accesso ad internet: per motivi culturali, economici o geografici solo una percentuale limitata della popolazione può usufruire adeguatamente di internet. I vincoli di accesso sono tendenzialmente superabili grazie a interfacce più semplici ma, ad oggi, rappresentano una forte limitazione alla partecipazione e al consenso.

3. I fattori precedentemente elencati possono condurre a forme di tecnocrazia dove solo entità politiche ed economiche forti riescono a riunire le risorse culturali e materiali indispensabili per realizzare una infrastruttura solida e affidabile.
La produzione di hardware di alta complessità è appannaggio di poche aziende e lo stesso vale per chi gestisce le infrastrutture della rete, derivate dai precedenti impianti di telefonia. In Italia questo fenomeno è ben visibile nella preponderanza sul mercato di un'unica società di comunicazioni in parte posseduta da politici o da aziende a loro vicine.

4. L'elevato livello tecnologico degli strumenti che permettono l'esistenza di internet ha un costo ambientale, sociale ed ecologico molto elevato. Ad oggi questo costo viene pagato soprattutto dai paesi in via di sviluppo dove viene delocalizzata sia parte della produzione che lo smaltimento dei componenti hardware, ma è presumibile che in futuro queste circostanze siano destinate a cambiare.

5. Gli strumenti informatici sono soggetti ad una rapida obsolescenza del mezzo, sia che si parli di hardware che software o anche di "stile" (grafico, funzionale, comportamentale). Nell'ottica consumista del mercato questa obsolescenza viene sempre più enfatizzata e amplificata non solo attraverso operazioni commerciali ma anche grazie a un continuo abbassamento qualitativo degli strumenti.
Questa obsolescenza, oltre ai costi diretti che implica, si riflette e manifesta in un rapido oblio del contenuto: se il contenitore è vecchio apparirà vecchio anche il contenuto.


Fattori politici

1. La sempre maggior diffusione di internet ha trasferito varie forme di protesta e attivismo dalle strade, fabbriche, scuole per condurle a mondi virtuali, autoreferenziali e impotenti. La protesta e l'attivismo concreti, reali, sono difficili da controllare mentre cancellare o isolare gruppi di opinione in rete risulta facile, in particolare se questi gruppi sono ospitati dai grandi network.
Ritengo fondamentale chiedersi se i diritti ottenuti in passato dai cittadini, manifestando anche duramente in pubblico, siano salvaguardabili tramite forme virtuali di protesta, di fatto simbolica. Su questo ho seri dubbi e ancor di più sulla possibilità di contrastare con questi mezzi una politica che ha come unica misura il profitto a breve termine, senza curarsi degli effetti deleteri sui lavoratori, sui cittadini, sull'ambiente.

2. La politica online ha assunto una connotazione consolatoria: confuso dall'enorme mole di informazioni l'utente si adegua in modo acritico ad una politica del "firma e dimentica". Vengono continuamente segnalate cause in cui impegnarsi, ci si documenta in modo più o meno (a seconda della reputazione del segnalatore) superficiale e si offre un contributo virtuale, a basso costo.
La promozione di petizioni online è ormai un fenomeno continuativo e massivo, i cui risultati sembrano però molto limitati.

3. La politica reale può permettersi di ignorare quella virtuale in quanto non rappresentativa di un impegno concreto da parte di individui reali ma prodotta senza impegno da entità virtuali. Manifestare in piazza ha un costo sicuramente più alto, per la necessità di recarsi fisicamente in loco, ma anche un effetto tangibile.
Non è un caso che la classe politica, in modo trasversale agli schieramenti, stia utilizzando gran parte degli strumenti della propaganda e di persuasione per dare impulso a questo spostamento della protesta, in particolar modo rendendo le manifestazioni di piazza più rischiose o presunte tali. Le espressioni politiche in rete vengono inoltre metodicamente sottostimate, sia per svalutarle, sia per radicalizzarle e isolarle intensificando l'orgoglio dei partecipanti a queste manifestazioni inascoltate.


Alcuni di questi fattori hanno un peso e un significato decisamente più evidente e pericoloso ma tutti, nella loro complessità e interrelazione, dovrebbero far sorgere qualche dubbio a chi sostiene dogmaticamente che internet rappresenti l'unica forma e strumento per giungere alla realizzazione di una democrazia diretta.
Certamente se fossimo in presenza di una democrazia sana sarebbe possibile sfruttare le reti di comunicazione per aumentare le possibilità di partecipazione e controllo da parte dei cittadini ma, allo stato attuale, ritengo che spostare il dibattito e la rappresentanza su internet, senza mantenere un riscontro e una presenza sul territorio (come fortunatamente alcuni movimenti continuano o iniziano a fare), sia palesemente controproducente.